Chi controlla veramente la produttività dei collaboratori?
di Lorenzo Losi
Consulente Direzionale BDM Associati
Articolo pubblicato su Ratio Quotidiano il 26.06.2019
Sempre più studi sentono la necessità di valutare l’efficienza delle proprie strutture e in particolare dei collaboratori.
L’indicatore di interesse è la produttività, ovvero il rapporto tra volumi prodotti (output) e risorse dedicate (input). Nel caso dello studio, il numeratore sarà il fatturato o le quantità sviluppate (documenti registrati, progetti gestiti…), mentre il denominatore saranno le ore lavorate. Nella pratica, tuttavia, incontriamo insidie sia di natura metodologica che interpretativa. Affrontiamo entrambe le tematiche.
Sul campo riscontriamo che le analisi degli studi sono focalizzate sulla produttività economica: il rapporto tra il fatturato riferibile al collaboratore e le ore lavorate. Seppur utile a valutare la sostenibilità economica della distribuzione del lavoro, interpretazioni ulteriori di questo dato rischiano di essere una pericolosa, nonché errata, scorciatoia concettuale.
È come valutare l’efficienza di una macchina di produzione sul prezzo del venduto: chiaramente, il dato rilevante sono i volumi prodotti, non i ricavi conseguiti. Infatti, alla produttività economica concorrono due funzioni: la produzione e il reparto commerciale. Per quanto interconnesse, tali funzioni rimangono distinte, nell’azienda come nello studio.

Poiché il ruolo commerciale è di esclusiva responsabilità dei titolari, la produttività economica non può fornire una corretta valutazione dell’efficienza dei collaboratori, appunto perché non hanno controllo sui prezzi applicati. Valorizzazioni elevate determinerebbero buona efficienza nonostante i volumi e viceversa.
Il dato di interesse è senza dubbio la produttività quantitativa, ovvero il volume di lavoro sviluppato in rapporto alle ore dedicate. Per valutarla è necessario calibrare i carichi di lavoro e attribuire il giusto peso alla complessità dei clienti.
Per calibrare i carichi di lavoro è fondamentale confrontare i volumi prodotti con i risultati del settore, attraverso specifici benchmark. Carichi di lavoro non calibrati determineranno produttività contenute.
Inoltre, un efficace sistema di pianificazione e controllo permette di monitorare la complessità dei clienti onde evitare di attribuire erroneamente la responsabilità ai collaboratori.
La criticità metodologica consiste dunque nella complessità dei fattori in gioco e nelle difficoltà nel valutare i carichi di lavoro in assenza di benchmark.
Passiamo ora all’interpretazione degli indicatori di produttività, fondamentali per valutare l’efficienza produttiva ed economica, vero punto di partenza del rilancio dello studio.
Tuttavia, tra le righe di questo articolo potreste aver colto qualcosa di sorprendente: il collaboratore non ha veramente il controllo della propria produttività.
È infatti il professionista che seleziona il personale, lo forma e gestisce l’impatto dei clienti sulla struttura; ed è sempre il professionista a decidere prezzi e carichi di lavoro. Quindi, è il titolare il primo responsabile della produttività dei collaboratori. La valutazione di questi ultimi è di certo importante e utile in un percorso migliorativo, ma vi invito a non prendere questi indicatori come criterio per la valutazione delle persone. Almeno non senza valutare l’impatto delle vostre decisioni sui loro risultati.
L’AUTORE

LORENZO LOSI
Consulente direzionale BDM Associati. Esperto in organizzazione e sistemi di controllo presso Studi Professionali e aziende