Come cambiare vita assicurandosi che il castello non crolli

Una breve riflessione su come affrontare oggi il passaggio generazionale

di Lorenzo Losi

Consulente Direzionale BDM Associati

Articolo pubblicato su Ratio Quotidiano il 17.10.2019

Arriva un momento nella vita professionale in cui il titolare dello studio decide giustamente che è ora di abbandonare la scrivania e dirigersi verso mete tropicali. Tuttavia, a volte questo presuppone un passaggio generazionale, processo che per definizione è piuttosto complesso e che non deve essere sottovalutato.

Per esempio, bisogna rassicurare i clienti, accertarsi delle capacità professionali dell’entrante e trasferire la gestione dei collaboratori. È comune quindi, ma anche comprensibile, che dubbi ed insicurezze possano allungare significativamente i tempi del passaggio di consegna… Specialmente nei confronti dei figli!

La prima grande difficoltà da affrontare riguarda appunto le tempistiche. Queste sono cambiate rispetto al passato, quando il giovane professionista lavorava composto e attento accanto al Dominus e imparava, anno dopo anno, come gestire lo studio, le persone e le pratiche quotidiane. Oggi il tempo a disposizione è diminuito e la metodologia storica rischia di non permetterci di gettare fondamenta abbastanza solide.

Infatti, rispetto ad alcuni anni fa, le difficoltà sono aumentante, rendendo difficile anche per il titolare esperto e autorevole governare la redditività e assicurare il buon funzionamento dello studio. Se il contesto attuale mette in affanno le precedenti generazioni, nonostante l’esperienza, come se la può cavare una nuova leva? È necessario fornire tutto il supporto possibile a livello di processi e di responsabilizzazione della struttura.

passaggio generazionale nello studio professionale

Il secondo ostacolo, più umano, ma anche forse più importante, è che il giovane professionista, figlio o figlia del titolare, si interfaccia spesso con persone che lavorano nella struttura da venti o trent’anni, e che, in alcuni casi, gli hanno letteralmente dato il “ciuccio”.

Passare dal correre e giocare tra le scrivanie a impartire ordini e direttive non è cosa facile. Soprattutto perché, seppur l’autorità sia conferita dal cognome, l’autorevolezza agli occhi dei dipendenti bisogna guadagnarsela.

Per fare questo è necessario avere il controllo analitico dello studio, ossia conoscere l’operato dei collaboratori, meglio di come lo conoscono loro. Solo questa consapevolezza può permettere al giovane professionista di parlare con coscienza di causa alle persone. Se le decisioni saranno infatti fondate su un dato oggettivo sarà più facile essere convinti e farle comprendere ai diretti interessati.

Comunque lo si osservi, il passaggio generazionale è un momento di cruciale importanza per il titolare, per il giovane professionista entrante e per lo studio nel suo complesso. È una transizione che può avere forti ripercussioni se gestita in modo approssimativo e che, proprio per questo motivo, richiede tempo, attenzione e metodo.

Ma, più di tutto, richiede che il professionista conosca il reale stato di salute del proprio studio, sia cioè consapevole di cosa sta consegnando nelle mani dei propri figli. Il consiglio è di non lasciare queste preoccupazioni per l’ultimo minuto, ma di affrontarle con metodo, eventualmente cercando supporto. Non solo perché il titolare entrante possa capitalizzare su una struttura ben funzionante, ma anche per valorizzare al meglio il lavoro e gli sforzi di un’intera vita.

Riscontrando sistematicamente la fondatezza delle scelte della direzione, la struttura realizzerà che il bambino di qualche anno fa è diventato un titolare cosciente della responsabilità di condurre lo studio, e capace di farlo.

L’AUTORE

LORENZO LOSI

Consulente direzionale BDM Associati. Esperto in organizzazione e sistemi di controllo presso Studi Professionali e aziende